Siblings Day 2021

“L’essenziale è invisibile agli occhi, […] bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi”. Credo che questa citazione, tratta da Il piccolo principe, rappresenti perfettamente l’abilità che ho acquisito attraverso la mia esperienza di essere una sibling: l’ascoltare e il non limitarmi a sentire. La mia condizione di sibling mi ha condotta a pormi in una situazione di ascolto sin dalla tenera età; ascoltare è un’abilità che genera apertura verso l’altro e su questo presupposto si fonda la mia esperienza di vita.

Non sono una sibling dalla nascita, avevo tre anni quando la mia vita e quella dei miei genitori è cambiata radicalmente. Il 18 Aprile del 2000 è nata Flavia, con una malformazione congenita: la Spina Bifida. I miei genitori per tutta la gravidanza credevano di aver generato una figlia “sana”, e solo quando Flavia è venuta alla luce si è scoperto che questa grave malformazione congenita della colonna vertebrale e del midollo spinale aveva scelto lei.

Quando questo fulmine a ciel sereno ha colpito la mia umile famiglia ero troppo piccola per capire cosa realmente stesse succedendo, per cui miei ricordi sono quasi nulli; non ricordo in che modo mi è stato comunicato, né tantomeno qual è stata la mia reazione dinanzi alla notizia. So per certo, però, che sono stata tenuta al corrente di tutto sin da subito. Tra i primi ricordi che ho a fuoco è sicuramente quello in cui, una volta tornata a casa dopo mesi di ospedale, io cercavo in tutti i modi di stare sempre vicino a mia sorella cantandole delle canzoncine (che erano sempre le stesse) per placare il suo interminabile pianto. Come ho detto prima non ho molti ricordi, quindi tutto ciò che mi rimane sono la testimonianza dei miei genitori e la persona che sono oggi, profondamente segnata dalla presenza di Flavia.

In quel periodo così faticoso, quello subito dopo la nascita di Flavia, ho dovuto lottare contro il mancato arrivo della tanto attesa sorellina che, essendo in terapia intensiva per i primi tre mesi e poi in ospedale a Roma, ho potuto vivere intensamente solo dopo sette mesi. Ho dovuto fare i conti con le poche attenzioni, la limitata presenza fisica di mamma e papà spesso, in ospedale. E dopo solo diciassette mesi l’arrivo di un’altra sorellina, Gabriella. In poco tempo l’affetto, le attenzioni, i giochi, la stabilità, che erano stati una costante nel mio piccolo mondo per tre anni, si erano dimezzati.

La nascita di Flavia prima, e quella di Gabriella dopo, mi hanno portata a crescere rapidamente, e a caricarmi, inconsapevolmente, di molte responsabilità. Ero la primogenita e mi sentivo in dovere di collaborare concretamente con la mia famiglia. A soli sette anni, infatti, ho imparato a fare cateterismo a Flavia. Tutto ciò che facevo, però, mi veniva spontaneo, non è mai stato un sacrificio.

Dai racconti dei miei genitori si evince che quando Flavia era finalmente a casa, nel periodo in cui tutto sembrava essersi relativamente stabilizzato, io durante il sonno notturno piangevo e urlavo. Consultato il pediatra, si è associata questa reazione alla “paura della morte”. Per le gravi condizioni in cui si trovava Flavia, mi avevano preparata alla possibilità che lei potesse volare in un mondo senza sofferenza. Ciò dimostra che, se da un lato l’arrivo di Flavia ha scombussolato la mia infanzia, dall’altro è evidente che, sin dalla sua nascita, l’ho amata profondamente, l’ho accettata e apprezzata come un dono. I dottori inizialmente le avevano dato non più di tre mesi, oggi ha 21 anni e per me continua ad essere un miracolo. Sono convinta che, come ho scritto nel titolo della canzone composta per il suo diciottesimo compleanno: “Vincerai”, lei continuerà a vincere perché la vita vince sempre, la vita è una campionessa imbattibile.

Flavia è la mia quotidianità, a volte dimentico che lei è “diversa”. Ai miei occhi è semplicemente mia sorella e sarebbe strepitoso se tutti gli sguardi andassero oltre a quella sedia verde con le ruote bianche.

Credo che chiunque si trovi ad avere una sorella diversamente abile, abbia una visione della realtà un po' diversa dagli altri e che i rapporti tra i vari componenti della famiglia siano inevitabilmente condizionati dalla particolarità del contesto. Fede e amore sono i pilastri che continuano a reggere la mia famiglia; il rapporto con le mie sorelle è singolare, io e Gabriella, soprattutto negli ultimi anni, ci siamo molto unite e spesso ci coalizziamo per spronare Flavia; entrambe desideriamo il meglio per lei e facciamo di tutto affinché, nel suo piccolo, possa essere autonoma, possa difendersi dal mondo dell’ignoranza e soprattutto dell’assistenzialismo che si esime dal guardare le persone diversamente abili in maniera attiva, come risorse positive della comunità.

La nascita di Flavia sicuramente ha lasciato un’impronta nella storia della mia vita, ma è proprio questa impronta che ha permesso di sviluppare in me quella forza e resilienza necessaria per superare le difficoltà; ed è proprio questa impronta che mi ha condotta verso il mondo dell’educazione e della formazione.

Flavia, sappi che anche quando penserai di essere sola, sarò sempre al tuo fianco!

Ho scoperto la disabilità di Domenico al terzo mese di gravidanza di mia madre, da bambina non accettavo la sua problematica poiché avevo molta paura. Ma crescendo, con l’aiuto dei miei genitori, ho capito di riuscire ad accettare le sue difficoltà per poterlo aiutare e stargli vicino da sorella maggiore.

Da piccola spesso non ricevevo attenzioni quando ne avevo bisogno, in quanto a causa delle sue visite i miei genitori non sono stati presenti addirittura nel giorno del mio compleanno. Mio fratello ha molta difficoltà ad esempio nel fare i compiti, soprattutto quando si tratta d’imparare qualcosa ed in quelle situazioni vedo che ha bisogno di aiuto, per questo ci sono io a dargli sempre una mano con la certezza che può e deve farcela!

Molte volte mi irrita il fatto che abbia così tante difficoltà nel fare qualunque cosa, ma poi penso che non è lui a voler essere così, non è colpa sua per questo cerco di stargli sempre accanto per non farlo sentire mai solo. La disabilità di mio fratello mi fa sentire impotente quando vedo che per colpa della burocrazia deve lottare per ottenere qualcosa che per lui è importante e vantaggioso. È una sfida quotidiana con i nostri limiti. È tutto un’altalena di emozioni che un attimo ti porta dalla frustrazione alla gioia, che continua a farti convivere con enormi sensi di colpa e sentimenti di rabbia per la paura di non riuscire a fargli vivere un’adolescenza normale. Ma col tempo ho maturato la consapevolezza che lui non ha bisogno di vivere la vita identica a noi, lui è un bambino vivace, giocherellone e per questo che a volte penso a quanto siamo fortunati ad averlo. Crescere con un fratello disabile è un’esperienza che suscita sentimenti forti e contrastanti, può lasciare delle tracce profonde, è un percorso pieno di ostacoli e responsabilità. Ma sono anche molto orgogliosa di lui per le sue conquiste e obiettivi.

Spesso quando non è presente per delle visite a Milano, la casa sembra vuota, e mancano quei momenti di felicità che ci sono quando invece c’è lui. Così quando arriva la sera vado nel suo letto e dormo lì per sentirlo più vicino. Non posso fare a meno di lui, anche se ad oggi, farei tanto a meno della sua disabilità.

Nostra madre ci tratta allo stesso modo, però si aspetta un aiuto maggiore da me soprattutto per quelle cose che mia sorella non riesce a fare.

Ilenia è nata nel 2002 a Fiorenzuola D’Arda, a una ventina di chilometri da Piacenza, dove oggi vive con la sua famiglia e frequenta l’Istituto di scienze umane. Sua sorella Ilaria, 30 anni e una laurea in Scienze dell’educazione e della formazione, ha la spina bifida, una malformazione congenita della colonna vertebrale che si verifica durante i primi mesi di gestazione e in Italia interessa una gravidanza su 1.300, determinando disabilità motorie e funzionali come la perdita della mobilità degli arti inferiori e altre complicazioni neurologiche.

“Sono una ragazza sensibile, testarda, impulsiva, ambiziosa, e mi piace molto aiutare le persone, supportarle e dare loro consigli”, si presenta Ilenia. “Mi piace sciare e andare in moto perché ho una moto da cross. Ma amo molto anche cantare, un’attività che ho praticato per tre anni quando ero più piccola, e adoro gli animali. All’università vorrei studiare Veterinaria oppure Medicina perché mi piace aiutare le persone. Mi piace la natura e soprattutto fotografarla, cogliendo attimi che alle persone solitamente sfuggono”. Sua sorella Ilaria, invece, è una persona “a cui piace molto studiare e conoscere ogni piccola cosa che la circonda, come le caratteristiche degli animali, adora i musei, la storia. Le sue due passioni più grandi sono i rapaci e l’equitazione, che ormai pratica da qualche anno. È un’educatrice, avrebbe voluto lavorare in comunità infantili, visto che ha studiato per occuparsi di minori con disabilità di qualsiasi tipo, ma negli anni ha dovuto affrontare vari ostacoli per via delle strutture poco o per niente accessibili, che non le permettevano di muoversi in autonomia o addirittura di accedervi. Così quest’anno ha deciso di cambiare e ha intrapreso il percorso per poter insegnare alle superiori, è in attesa di poter far il concorso. Mia sorella è una persona molto sensibile ed empatica, purtroppo in passato si è fidata di persone che l’hanno fatta molto soffrire. Vorrei che avesse più fiducia in se stessa, si merita molto più di quello che ha, considerando la persona che è e le sue capacità”.

Se dovesse sintetizzare le proprie caratteristiche in tre aggettivi, Ilenia direbbe di sé che è “testarda, timida, altruista”, mentre Ilaria è “emotiva, solare e socievole”. E soprattutto Ilaria “riesce ad essere socievole con tutti e ha una grande capacità di studiare e ricordare tante nozioni anche a distanza di anni”. Tra i difetti di sua sorella, invece, Ilenia annovera “la testardaggine e la caratteristica di non ammettere mai di aver sbagliato, come anche il fatto che, siccome è più grande, non vuole essere corretta da me se sbaglia”. Nonostante questo, le due sorelle vanno “abbastanza d’accordo, anche se ci sono periodi in cui litighiamo di più”. Nel complesso “è un bel rapporto, ma capita che ci scontriamo perché abbiamo caratteri molto differenti, vediamo ciò che ci circonda in modi diversi e poi spesso abbiamo divergenze sulle modalità con cui gestire cose e situazioni”.

“Il primo ricordo che ho di mia sorella è di quando ero molto piccola e le dicevo di abbracciarmi, aggiungendo che l’avrei presa in braccio e l’avrei fatta camminare”, racconta Ilenia. “Poi ricordo molto bene di quando usavo la sua carrozzina per impennare e delle cadute che facevo”. Quanto all’atteggiamento dei genitori nei confronti delle due sorelle, Ilenia precisa: “Nostra madre ci tratta allo stesso modo, però si aspetta un aiuto maggiore da me, soprattutto per quelle cose che mia sorella non riesce a fare”. Ilenia non è mai gelosa di sua sorella, però, sottolinea: “A volte incito mia madre a lasciarla fare e a sbagliare, perché è giusto che sbagli e cerchi un modo o una strategia per recuperare e risolvere un problema”. Così, pur non sentendosi mai trascurata, in alcuni casi, Ilenia si arrabbia: “Con mia madre discutiamo perché lei, oltre a contare su di me per cose che io non sempre ho voglia di fare, a volte, per velocizzare o recuperare tempo, si occupa lei delle cose e non lascia fare a mia sorella, mentre io le consiglio sempre di lasciarla fare anche se i suoi tempi sono diversi dai nostri”.

Dal punto di vista degli gli amici, Ilenia non individua alcuna criticità. “I miei amici la accettano senza problemi, spesso mi fanno domande, per esempio mi chiedono come guida o se si muove in autonomia, cosa ha studiato o che lavoro fa, ma non si fanno problemi di nessun tipo”. E sul futuro dice: “Vorrei diventare un medico o una veterinaria, e mi piacerebbe tanto comprare un cavallo tutto mio. E continuare a coltivare le mie passioni come lo sci, la moto, il canto. Ilaria, invece, la immagino sposata, con vari figli visto che a lei è sempre piaciuto avere una famiglia numerosa. E la immagino prof, visto che a lei piace molto il rapporto con i giovani e aiutarli”.

I fratelli e le sorelle. Un mondo spesso poco esplorato
Margherita Orgiana
Intervento al convegno “La persona affetta da Spina Bifida” Cagliari 30 novembre 2019

Quando si affrontano le questioni legate alla disabilità, alle persone con disabilità ed alle loro famiglie non serve raccontare favole, ma occorre dotarsi di un saldo spirito di concretezza.

La disabilità rappresenta una condizione che totalizza la vita delle famiglie, tanto che spesso si definiscono famiglie disabili.

Perché occuparsi dei fratelli e sorelle delle persone con Spina Bifida?

Se da un lato è vero che ciò non comporta necessariamente il fatto di avere difficoltà o vivere disagi, è altrettanto vero che implica sfide non semplici da superare.

Voglio quindi provare a farvi vedere le cose dal loro peculiare punto di vista e perciò partirò dalla mia personale esperienza. Avevo 4 anni quando è nata mia sorella, inizialmente non conoscevo il nome della sua patologia, e l'unica cosa che riuscivo a comprendere era che la sua nascita aveva stravolto la nostra vita quotidiana. I numerosi viaggi lontano da casa, le giornate passate tra le corsie degli ospedali e le amicizie nate in quelle stanze, hanno notevolmente influenzato la mia personalità, portandomi ad avere una forte empatia. Sono cresciuta in una famiglia abituata a dover combattere quasi quotidianamente per aver riconosciuti dei diritti.

Quasi inconsapevolmente mi sono ritrovata a diventare super esperta della sua condizione clinica e fin da piccola mi sono sentita la potenziale sostituta dei miei genitori in caso di necessità.

Nel tempo ho così iniziato ad avvicinarmi in maniera sempre più partecipe alle attività dell'ASBI Sardegna e ho l'occasione di condividere momenti di confronto e condivisione a livello nazionale e internazionale.

La nascita di un bambino con spina bifida è un’esperienza che influenza l’intero nucleo familiare, la sua storia e la qualità delle relazioni di tutti i suoi membri.

Essere fratello o sorella di un bambino con disabilità è un’esperienza complessa, che fa nascere bisogni specifici che meritano di essere accolti ed ascoltati dai famigliari e da tutto il contesto di vita.

Negli anni ’90 gli inglesi hanno coniato il termine siblings per identificare i fratelli e le sorelle delle persone con disabilità. I siblings vivono un'esperienza di crescita che può essere a tratti faticosa, in una chiamata implicita a essere responsabili, indipendenti, sempre comprensivi. Numerose sono le variabili che intervengono in questi rapporti, legate soprattutto alla tipologia e al grado di disabilità.

Diversamente dai genitori che entrano in contatto con la disabilità in età adulta, il sibling cresce e si costruisce come persona e come adulto confrontandosi continuamente con la disabilità del fratello.

Lo sguardo dei siblings sulla disabilità è diverso da quello dei loro genitori ed è sicuramente più intimo di quello degli operatori sociali o sanitari.

Crescere in un contesto familiare del genere non è un’esperienza generalizzabile o facilmente definibile. Essere siblings può essere un'esperienza faticosa, ma al contempo arricchente, a patto che vengano riconosciute tali fatiche e che i bambini non restino soli nel percorso di crescita ad elaborare le implicazioni che inevitabilmente la disabilità comporta per tutta la famiglia.

Si inizia ultimamente a prendere coscienza del fatto che questi fratelli e sorelle incontrano durante il proprio percorso di vita situazioni particolari, complesse e spesso psicologicamente faticose, affrontano nel contesto familiare sfide non sempre commisurate alla loro età.

Le emozioni si mescolano tra imprevisti, momenti critici, successi e traguardi. Un mondo dove è possibile crescere solo imparando a riconoscere le proprie specifiche identità, le proprie competenze, ma anche i propri limiti e fragilità.

Appare sempre più evidente la necessità, da parte dei genitori e di tutti gli adulti di riferimento, di una maggiore attenzione anche verso questi figli. I siblings spesso vengono emarginati all’interno dello stesso nucleo familiare, poiché le attenzioni maggiori dei genitori vengono completamente riversate sul figlio con disabilità. Al contempo il sibling vive nel terrore di caricare ulteriormente i propri genitori e tende, quindi, a non esprimere i propri timori, le proprie difficoltà ritenendole sempre meno serie ed urgenti. Tutto questo carico emotivo si riversa nel rapporto, talvolta conflittuale, tra i fratelli.

È compito dei genitori far basare il rapporto fraterno sull’affetto e non sull’obbligo di cura e attenzioni particolari da parte del sibling e devono spiegare in maniera chiara e precisa la situazione.

La condizione di sibling può quindi esporre il bambino a disagi, quali sentimenti d’isolamento e di trascuratezza, senso di diversità nei confronti dei coetanei, imbarazzo nelle relazioni esterne alla famiglia, difficoltà nella relazione con il fratello ed eccessiva responsabilizzazione.

Grandi fatiche emotive e relazionali. Queste possono sicuramente costituire un bagaglio di resilienza che altri non hanno, sviluppano una maggiore capacità di comprensione verso gli altri, aumentata disponibilità all’aiuto, più affidabilità e senso di responsabilità e una maggiore capacità di riflessione personale. Tali caratteristiche li rendono capaci, apprezzati e riconosciuti nel mondo del lavoro, degli affetti, della vita sociale. Per questo è importante che non si sentano lasciato soli nei momenti in cui le sfide e gli ostacoli si presentano perché alcuni siblings portano con sé quelle difficoltà e fatiche per tutta la vita.

Comprendere questi rapporti è molto difficile per chi non vive una situazione simile. Ed è proprio tra i siblings che si raggiungono elevati livelli di empatia che spesso non caratterizzano altri rapporti. Un’esperienza di vita profonda con particolari ruoli, equilibri ed emozioni.

La posizione dei fratelli si lega in particolare (ma non solo) alle questioni che si pongono in relazione alla vita adulta delle persone con disabilità: siamo proprio noi fratelli, del resto, per legge di natura, a dover accompagnare, almeno nella maggior parte dei casi, la fase adulta della vita dei nostri fratelli, o sorelle. Per noi il tema noto come “dopo di noi”, viene riformulato «con o durante noi».

Ci è stato consegnato un patrimonio di valori che esige da parte di tutti un impegno nel senso della solidarietà e dell’inclusione. Forse proprio per tale motivo io come tanti altri siblings mi ritrovo oggi, nonostante studi completamente differenti, a lavorare nel campo della disabilità. Una scelta che probabilmente ha raggirato il pensiero e la coscienza, una direzione intrapresa per provare “a salvare il mondo” attraverso il mio piccolo contributo e le competenze acquisite in ambito familiare.

Voglio terminare lanciando un appello a tutti i professionisti che si occupano di bambini con Spina Bifida. È indispensabile che poniate, da subito, anche una grande attenzione al benessere psicologico e alla qualità della vita noi fratelli e sorelle, offrendo uno spazio di cura, qualora necessario. Così la famiglia in toto non sarà solo la mera destinataria dei diritti di cura, ma soprattutto un interlocutore culturale ed educativo indispensabile nella costruzione di progetti di intervento efficaci, in quanto portatrice di un punto di vista specifico ed originale e di un sapere unico che può arricchire notevolmente il dialogo con i servizi.