Quando è nata la mia bambina, non ero pronta. Nessuno si era accorto della sua disabilità fino al giorno della sua nascita, quindi non ho avuto il tempo né la possibilità di "prepararmi".
Dopo un primo periodo di smarrimento, piano piano ho imparato cosa fare, come farlo e cosa dire. Conoscere famiglie che vivevano situazioni simili mi ha fornito la possibilità di confrontarmi.
Ho lavorato molto sulla sua autostima, l'ho portata dentro la sala operatoria giocando e ridendo con lei, anche se poi fuori crollavo.
Il nostro motto era e lo è ancora: " Ce la possiamo fare, ce la dobbiamo fare!"
Una cosa che ho capito da subito è stata che lei avrebbe dovuto avere accanto a sé una mamma che rideva, che la rimproverava, che la spronava. L’avrei cresciuta come le sue sorelle, senza rischiare di diventare iperprotettiva. Non ho mai chiesto sconti a nessuno, neanche alla scuola. Le ho permesso di conquistare la sua autonomia, per avere un futuro brillante e potersi aprire al mondo esterno e, giorno dopo giorno, ho raccolto i frutti. Mia figlia è fiera di sé, si sente unica e fortunata perché ha qualcosa che gli altri non hanno.